Passeggiando per le strade di Firenze si possono sentire molte espressioni vernacolari tipiche del capoluogo toscano. Tra storia e leggende, scopriamo insieme non solo quali sono i modi di dire più comuni, ma anche da dove hanno avuto origine.
Chi non ha mai sentito dire “sei un bischero”? Questa parola, che può essere utilizzata anche in modo affettuoso, indica una persona ingenua.
Le sue origini risalgono al XIII secolo, quando la città di Firenze progettò di costruire il suo famosissimo Duomo proprio nella zona in cui si trovavano i possedimenti della potente casata dei Bischeri che, dopo aver tirato a lungo sul prezzo, si ritrovarono con un pugno di mosche e il buon nome infangato.
Invece l’espressione “uscio e bottega” si riferisce alla tradizione secondo la quale le antiche botteghe fiorentine erano anche le abitazioni degli stessi bottegai. Basta sapere che in Toscana l’uscio è la porta d’ingresso di una casa, per comprendere come questo modo di dire indichi le situazioni in cui non c’è separazione tra ambiente domestico e lavorativo.
Un’altra espressione tipicamente fiorentina, di origine antica, è “essere alle porte co’ sassi”, che indica il ridursi all’ultimo minuto. Si riferisce alle pietre che venivano lanciate da chi, attardandosi nel rientrare all’interno della città fortificata, segnalava la propria presenza alle guardie tirando delle pietre contro le porte di ingresso, che durante la notte venivano mantenute chiuse per proteggere la cittadella.
Anche il modo di dire “il culo e le quarant’ore” proviene dai secoli passati, ma si riferisce a un episodio concreto, avvenuto durante la celebrazione di un rito liturgico che richiamava moltissimi fedeli, le quaranta ore per l’appunto. Pare che un uomo, preso a schiaffi dalla donna che aveva palpeggiato, per giustificarsi provò a tirare in ballo la mancanza di spazio dovuta alla calca di gente. Fu proprio la prontezza della donna, che gli chiese cosa c’entrasse il fondoschiena con la celebrazione, a dare origine a quest’espressione analoga ai proverbiali cavoli a merenda.
L’espressione “non avere il becco di un quattrino” si riferisce sia a una moneta antica, che circolava anche nel Granducato di Toscana, sia ad una parte del corpo degli uccelli, notoriamente molto piccola e dunque utilizzata per rafforzare l’espressione.
Rimanendo in tema, anche “finire col culo per terra” indica una situazione economicamente sfavorevole che ha origine nell’epoca della Repubblica fiorentina. Qui era, ed è tutt’ora presente, la pietra dello scandalo, che aveva una doppia funzione. Se da una parte serviva per issarvi il gonfalone della città, all’alba di una battaglia, dall’altra era il luogo dove venivano puniti i morosi, percuotendone le natiche proprio sulla pietra, posizionata per terra.
Infine, l’espressione “reggere il moccolo”, che si riferisce a chi è di troppo in una situazione di corteggiamento, deve le sue origini ad una strada fiorentina, via Calimala. Qui le prostitute, per far sì che i potenziali clienti potessero vederne il volto e la bellezza, si illuminavano con delle candele di cui, quando erano quasi consumate, non restava altro che il moccolo, ovvero la parte finale.
La Toscana, e in particolare Firenze, hanno un dialetto davvero colorito e divertente che ha radici nel passato.
Camminare per le strade della “Culla del Rinascimento” e immergersi nella sua pittoresca vita significa fare un vero e proprio tuffo nel passato.
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